Polemiche su "Tu si 'na cosa grande", Napoli divisa sull'installazione di Gaetano Pesce, Grasso: «L'arte pubblica deve elevare, non scandalizzare»

Per Giorgio Gregorio Grasso, storico e critico d'arte l'arte deve educare alla bellezza, ispirando le persone e invitandole a riflettere: «il sindaco dovrebbe restituire, di tasca sua, i soldi spesi e portarsela nel suo giardino»

In primo piano il prof. Giorgio Gregorio Grasso, sullo sfondo l'opera di Gaetano Pesce

In primo piano il prof. Giorgio Gregorio Grasso, sullo sfondo l'opera di Gaetano Pesce

L'installazione 'Tu si 'na cosa grande', dedicata alla città di Napoli dall'artista Gaetano Pesce, sta suscitando un acceso dibattito. L'opera, inaugurata in piazza Municipio lo scorso 9 ottobre, ha attirato l'attenzione per la sua forma fallica, che ha suscitato ironia, polemiche e critiche da parte di cittadini, turisti e figure pubbliche. A destare preoccupazione sono anche i costi dell'installazione: 180.000 euro, di cui 160.000 finanziati dalla Regione Campania. Tra i critici, si sono sollevate le voci delle associazioni femministe, che hanno inviato una lettera al sindaco Gaetano Manfredi chiedendo la rimozione dell'opera, accusandola di essere un simbolo di “fallocrazia” e di promuovere una visione sessista della cultura. A queste polemiche si aggiungono le dichiarazioni del critico d’arte Giorgio Gregorio Grasso, il quale, intervistato, non ha risparmiato dure parole nei confronti della scelta di esporre un’opera così controversa.

Intervista a Giorgio Gregorio Grasso: «L'arte pubblica deve elevare, non scandalizzare»

Professore Grasso, cosa pensa dell’opera 'Tu si 'na cosa grande' di Gaetano Pesce, installata recentemente in piazza Municipio a Napoli?

«Gli amministratori del comune di Napoli sono stati bravissimi nel ridicolizzare una delle città più belle del mondo. Napoli non meritava un simile affronto, i napoletani non meritavano un simile affronto, l'arte non meritava un simile affronto e, per finire, Pulcinella non meritava un simile affronto. Spendere soldi pubblici per esporre un’opera del genere è un atto che dovrebbe portare alle immediate dimissioni del responsabile della cultura della città».

Secondo lei, quale ruolo dovrebbe avere l’arte pubblica nelle città?

«L'arte pubblica ha una potenza straordinaria, ma anche una responsabilità enorme. Può fare grandi danni, non solo all'estetica urbana, ma anche alle menti delle persone. L'arte ha il potere di trasformare gli spazi urbani e di arricchire la vita quotidiana, ma deve farlo con sensibilità e intelligenza. L’arte pubblica non deve mai essere volgare o scandalosa. Il suo compito è educare alla bellezza, ispirare e far riflettere. Un'opera d’arte pubblica, soprattutto in una città come Napoli, dovrebbe essere un faro di cultura e creatività, non una provocazione fine a se stessa».

Ci può fare qualche esempio di arte pubblica ben riuscita?

«Certo. Un esempio su tutti è il progetto dei Murales di Napoli, che ha saputo trasformare quartieri degradati in spazi di vita e colore. Queste opere non solo abbelliscono gli spazi pubblici, ma creano un senso di appartenenza, uniscono le comunità e stimolano la creatività di chi vive quegli spazi. Lo stesso vale per il famoso murale di Banksy a Bristol o il progetto "High Line" di New York. Sono opere che arricchiscono il tessuto urbano e portano un messaggio positivo e inclusivo».

Cosa direbbe, quindi, agli amministratori che hanno scelto questa installazione?

«Direi loro di ripensare al significato di arte pubblica. Essa deve essere educativa, ispirante, inclusiva. Ogni città dovrebbe investire in iniziative artistiche che arricchiscano non solo gli spazi, ma anche le vite delle persone che li abitano. Un'installazione come questa, invece, rappresenta uno spreco di soldi pubblici. Il sindaco dovrebbe restituire ai cittadini i fondi spesi e portarsi questa installazione nel suo giardino privato».

L’opera di Gaetano Pesce, tanto celebrata quanto criticata, continua a far discutere. Il dibattito aperto sull’utilizzo dei fondi pubblici e sull’opportunità di promuovere una forma d’arte così divisiva evidenzia la complessità del ruolo che l’arte contemporanea gioca nello spazio pubblico. Mentre alcuni la difendono come forma di espressione provocatoria, altri, come il prof. Grasso, ritengono che l’arte pubblica debba sempre mirare a elevare lo spirito umano e non a suscitare scandalo.

Giulio Carnevale