Peschieragate, arrivano le scuse della sindaca Molinari in Consiglio comunale: l'intervento completo
«Ribadisco il mio rammarico e le scuse, dell’istituzione che rappresento, alla signora per aver recepito l’intervento della polizia locale come un atto intimidatorio»

Caterina Molinari Sindaco di Peschiera Borromeo (Foto di archivio)
01 agosto 2019
Peschiera Borromeo – 1 agosto 2019 – Durante il Consiglio Comunale del 31 luglio, la sindaca Caterina Molinari ha chiarito la propria posizione, e quindi dell’Amministrazione Comunale, in merito allo scandalo rinominato dall’opinione pubblica Peschieragate.
«In seguito all’enfasi mediatica, anche sul web e sui social, di un episodio avvenuto recentemente, – ha dichiarato la sindaca Molinari in Consiglio comunale - credo sia doveroso, per il rispetto che ho delle istituzioni e della cittadinanza, spiegare i fatti e dire chiaramente e pubblicamente qual è il mio punto di vista, sia personale sia da sindaco. Perché l’eco strumentale di un episodio circoscritto ha generato un clima di odio ingiustificato e di sospetto. Il nostro Comune, la nostra Amministrazione, la nostra città non meritano tutto questo. Intendo chiarire subito che la ricostruzione giornalistica di quanto accaduto ha attribuito alla sottoscritta delle decisioni che non ha mai preso. Mai detto al comandante di andare a casa della signora. Mai chiesto una lettera di scuse. Mai entrata nel merito delle valutazioni che la polizia locale, nel pieno rispetto delle sue prerogative e della legge, fa di un’azione compiuta da un cittadino. Mai prevista una direttiva per la polizia locale su modalità operative. Semmai, l’unica direttiva è quella di proseguire una prassi consolidata nel tempo: cercare sempre, in ogni contesto e con chiunque, una forma di dialogo e di confronto. È evidente che l’episodio sia stato utilizzato a pretesto per fare speculazione politica, con conseguenze che, credo, nemmeno la diretta interessata poteva immaginare. Non mi riferisco all’esercizio legittimo di informare, che mai ho messo in discussione o contestato, ma alle espressioni di odio, agli insulti e alle pesanti minacce ricevute da me e dalla mia famiglia, fino addirittura ad augurare del male alle mie figlie, negli ultimi giorni. La decisione di attivare nuove forme di dialogo e di comunicazione, anche diretta, con i cittadini è una scelta che rivendico con forza. L’attivazione di nuovi canali di comunicazione richiede, necessariamente, un presidio. La libertà di pensiero e di espressione è necessaria in uno stato democratico, purché venga garantita – come prevedono anche le Convenzioni internazionali a tutela della libertà di espressione – la protezione della reputazione e dei diritti altrui. Chi interviene per far rispettare tutto questo? A livello locale la responsabilità è principalmente della polizia locale. Nel caso specifico, in seguito al monitoraggio anche dei commenti sulla pagina Fb del Comune, il comandante della polizia locale procede, come è nel suo pieno diritto visto che rientra tra i suoi compiti istituzionali, scegliendo autonomamente, come mettersi in contatto la persona che aveva scritto il post per approfondire la cosa e informarla delle eventuali presunte conseguenze giudiziarie. Non avendo altri contatti della cittadina se non l’indirizzo del domicilio, nei giorni successivi la polizia locale, durante l’attività di servizio, contatta la persona. Un agente le lascia un messaggio al citofono, senza entrare in casa o incontrarla direttamente. Una prassi che non deriva da indicazione politica, ma è una modalità consolidata negli anni, da ben prima che io entrassi in carica, secondo peraltro quanto previsto dall’art.49 del Regolamento Comunale di Polizia Urbana. L’agente ha invitato semplicemente la signora a mettersi in contatto telefonico con il comandante: NESSUN AGENTE è mai entrato in casa della cittadina. La signora e il comandante si sono sentiti al telefono e si sono confrontati su quanto accaduto. Anche in questo caso non vi è stato alcun incontro diretto, quindi non è corretto affermare che la polizia locale avrebbe intimidito la signora, impaurita dalla presenza in uniforme sia dell’agente sia del comandante come abbiamo letto in alcune delle ricostruzioni. Nel corso della telefonata, il comandante tenta di ricomporre l’accaduto onde evitare l’avvio di iniziative giudiziarie che il comune è sempre restio ad intraprendere nei confronti dei propri cittadini se non in casi di estrema gravità. Una conversazione che, mi si riferisce a posteriori, è stata cordiale e serena. La signora comunica al comandante l’intenzione di rimuovere il commento e, dopo aver chiesto cosa potesse fare d’altro, il comandante le suggerisce di chiarirsi con l’amministrazione, rivolgendosi al sindaco. Quindi: NON HO CHIESTO al comandante di andare al domicilio della persona o di inviare degli agenti; NON HO DISPOSTO che la cittadina dovesse avere un contatto telefonico con il comandante per rettificare il commento, e soprattutto, NON HO MAI chiesto o peggio preteso che venisse scritta una lettera di scuse al mio indirizzo. Dopo alcune settimane una testata locale, il cui caporedattore, ex candidato nella lista di un partito vicino all’opposizione, ha attaccato anche altre volte frontalmente l’attuale amministrazione, ha dato la propria rappresentazione dei fatti. È stato riportato che la signora si sia sentita intimorita dagli agenti della polizia locale e dal comandante. Comprendo come sindaco e come donna la reazione, anche se avvenuta molti giorni dopo, della signora. Però sono fermamente convinta che la polizia locale abbia agito senza voler intimorire. Se però il confronto è stato recepito così, al di là delle intenzioni, allora l’istituzione che rappresento deve delle scuse alla signora coinvolta ed è opportuno che queste arrivino in questa sede ufficiale. Ho piena fiducia nel Comandante, persona molto conosciuta e stimata a Peschiera, e confermo la stima e la gratitudine per il lavoro quotidiano che i nostri Ufficiali e i nostri Agenti svolgono sul territorio. Ribadisco il mio rammarico e le scuse, dell’istituzione che rappresento, alla signora per aver recepito l’intervento della polizia locale come un atto intimidatorio nei suoi confronti. Mi assumo la responsabilità come qualsiasi buon primo cittadino farebbe perché sono certa che i miei collaboratori abbiano agito in coscienza e pensando di fare il meglio per l’Ente e per i cittadini che abbiamo l’onore di servire. Servizio che svolgiamo tutti i giorni, chi dalla sede comunale, chi per strada, chi tra le persone, chi nei cantieri, e sicuramente non su Facebook. La politica si fa nelle istituzioni e non su internet, la si fa lavorando sodo, senza sosta e con il massimo impegno. Gli errori ci insegnano sempre qualcosa. Ne facciamo tesoro per andare avanti con maggiore determinazione e maggiore compattezza. Molto abbiamo già fatto, molto è in divenire, ci sono tante cose ancora da fare per Peschiera e stiamo lavorando sodo per lasciare Peschiera migliore di come l’abbiamo trovata. E non ci lasceremo intimorire da chi – conclude l’esponente di Peschiera Riparte -, con ogni mezzo e pretesto, cercherà in questi anni di ostacolare il nostro servizio per la nostra città».
«In seguito all’enfasi mediatica, anche sul web e sui social, di un episodio avvenuto recentemente, – ha dichiarato la sindaca Molinari in Consiglio comunale - credo sia doveroso, per il rispetto che ho delle istituzioni e della cittadinanza, spiegare i fatti e dire chiaramente e pubblicamente qual è il mio punto di vista, sia personale sia da sindaco. Perché l’eco strumentale di un episodio circoscritto ha generato un clima di odio ingiustificato e di sospetto. Il nostro Comune, la nostra Amministrazione, la nostra città non meritano tutto questo. Intendo chiarire subito che la ricostruzione giornalistica di quanto accaduto ha attribuito alla sottoscritta delle decisioni che non ha mai preso. Mai detto al comandante di andare a casa della signora. Mai chiesto una lettera di scuse. Mai entrata nel merito delle valutazioni che la polizia locale, nel pieno rispetto delle sue prerogative e della legge, fa di un’azione compiuta da un cittadino. Mai prevista una direttiva per la polizia locale su modalità operative. Semmai, l’unica direttiva è quella di proseguire una prassi consolidata nel tempo: cercare sempre, in ogni contesto e con chiunque, una forma di dialogo e di confronto. È evidente che l’episodio sia stato utilizzato a pretesto per fare speculazione politica, con conseguenze che, credo, nemmeno la diretta interessata poteva immaginare. Non mi riferisco all’esercizio legittimo di informare, che mai ho messo in discussione o contestato, ma alle espressioni di odio, agli insulti e alle pesanti minacce ricevute da me e dalla mia famiglia, fino addirittura ad augurare del male alle mie figlie, negli ultimi giorni. La decisione di attivare nuove forme di dialogo e di comunicazione, anche diretta, con i cittadini è una scelta che rivendico con forza. L’attivazione di nuovi canali di comunicazione richiede, necessariamente, un presidio. La libertà di pensiero e di espressione è necessaria in uno stato democratico, purché venga garantita – come prevedono anche le Convenzioni internazionali a tutela della libertà di espressione – la protezione della reputazione e dei diritti altrui. Chi interviene per far rispettare tutto questo? A livello locale la responsabilità è principalmente della polizia locale. Nel caso specifico, in seguito al monitoraggio anche dei commenti sulla pagina Fb del Comune, il comandante della polizia locale procede, come è nel suo pieno diritto visto che rientra tra i suoi compiti istituzionali, scegliendo autonomamente, come mettersi in contatto la persona che aveva scritto il post per approfondire la cosa e informarla delle eventuali presunte conseguenze giudiziarie. Non avendo altri contatti della cittadina se non l’indirizzo del domicilio, nei giorni successivi la polizia locale, durante l’attività di servizio, contatta la persona. Un agente le lascia un messaggio al citofono, senza entrare in casa o incontrarla direttamente. Una prassi che non deriva da indicazione politica, ma è una modalità consolidata negli anni, da ben prima che io entrassi in carica, secondo peraltro quanto previsto dall’art.49 del Regolamento Comunale di Polizia Urbana. L’agente ha invitato semplicemente la signora a mettersi in contatto telefonico con il comandante: NESSUN AGENTE è mai entrato in casa della cittadina. La signora e il comandante si sono sentiti al telefono e si sono confrontati su quanto accaduto. Anche in questo caso non vi è stato alcun incontro diretto, quindi non è corretto affermare che la polizia locale avrebbe intimidito la signora, impaurita dalla presenza in uniforme sia dell’agente sia del comandante come abbiamo letto in alcune delle ricostruzioni. Nel corso della telefonata, il comandante tenta di ricomporre l’accaduto onde evitare l’avvio di iniziative giudiziarie che il comune è sempre restio ad intraprendere nei confronti dei propri cittadini se non in casi di estrema gravità. Una conversazione che, mi si riferisce a posteriori, è stata cordiale e serena. La signora comunica al comandante l’intenzione di rimuovere il commento e, dopo aver chiesto cosa potesse fare d’altro, il comandante le suggerisce di chiarirsi con l’amministrazione, rivolgendosi al sindaco. Quindi: NON HO CHIESTO al comandante di andare al domicilio della persona o di inviare degli agenti; NON HO DISPOSTO che la cittadina dovesse avere un contatto telefonico con il comandante per rettificare il commento, e soprattutto, NON HO MAI chiesto o peggio preteso che venisse scritta una lettera di scuse al mio indirizzo. Dopo alcune settimane una testata locale, il cui caporedattore, ex candidato nella lista di un partito vicino all’opposizione, ha attaccato anche altre volte frontalmente l’attuale amministrazione, ha dato la propria rappresentazione dei fatti. È stato riportato che la signora si sia sentita intimorita dagli agenti della polizia locale e dal comandante. Comprendo come sindaco e come donna la reazione, anche se avvenuta molti giorni dopo, della signora. Però sono fermamente convinta che la polizia locale abbia agito senza voler intimorire. Se però il confronto è stato recepito così, al di là delle intenzioni, allora l’istituzione che rappresento deve delle scuse alla signora coinvolta ed è opportuno che queste arrivino in questa sede ufficiale. Ho piena fiducia nel Comandante, persona molto conosciuta e stimata a Peschiera, e confermo la stima e la gratitudine per il lavoro quotidiano che i nostri Ufficiali e i nostri Agenti svolgono sul territorio. Ribadisco il mio rammarico e le scuse, dell’istituzione che rappresento, alla signora per aver recepito l’intervento della polizia locale come un atto intimidatorio nei suoi confronti. Mi assumo la responsabilità come qualsiasi buon primo cittadino farebbe perché sono certa che i miei collaboratori abbiano agito in coscienza e pensando di fare il meglio per l’Ente e per i cittadini che abbiamo l’onore di servire. Servizio che svolgiamo tutti i giorni, chi dalla sede comunale, chi per strada, chi tra le persone, chi nei cantieri, e sicuramente non su Facebook. La politica si fa nelle istituzioni e non su internet, la si fa lavorando sodo, senza sosta e con il massimo impegno. Gli errori ci insegnano sempre qualcosa. Ne facciamo tesoro per andare avanti con maggiore determinazione e maggiore compattezza. Molto abbiamo già fatto, molto è in divenire, ci sono tante cose ancora da fare per Peschiera e stiamo lavorando sodo per lasciare Peschiera migliore di come l’abbiamo trovata. E non ci lasceremo intimorire da chi – conclude l’esponente di Peschiera Riparte -, con ogni mezzo e pretesto, cercherà in questi anni di ostacolare il nostro servizio per la nostra città».
01 agosto 2019