Lo stambecco, sconfitto il rischio di estinzione, popola le montagne di tutto l’arco alpino
La scorsa estate, mentre mi trovavo in Val Seriana, ho intrapreso un’escursione, in solitario, della durata di due giorni con pernottamento al rifugio Lago Nero con l’intento di fotografare i 5 laghi e sperando di incontrare fioriture particolari.

Lo stambecco Un esemplare di stambecco
29 ottobre 2014
Partito al mattino presto, con il sole, da Valgoglio loc. Bortolotti (quota 1100 m), dopo 4 ore di camminata da naturalista (spesso mi fermo per fissare con il mio obiettivo le meraviglie della natura), sono arrivato al rifugio (quota 2100 m) con il cielo già nuvoloso e quindi non proprio ideale per il mio scopo. Sperando nell’indomani, per ingannar l’attesa, mi sono aggirato nei dintorni per fotografare i fiori e verso sera, proprio nei pressi del rifugio, con mia grande sorpresa, mi sono imbattuto in un gruppo di 20 stambecchi, soprattutto femmine con i piccoli e qualche giovane. Ciò che mi ha più stupito è stato il fatto che alcuni gironzolavano vicino a me senza alcun timore, mentre una femmina più lontana curava la nursery dei piccoli nati nell’anno. Parlando con il gestore del rifugio ho scoperto che, essendo gli stambecchi molto golosi di sale, nei pressi del rifugio venivano regolarmente riforniti di tale leccornia e questo li spingeva ad avvicinarsi senza paura delle persone. L’indomani il tempo è peggiorato, il ritorno è stato drammatico, sotto una pioggia torrenziale per un paio d’ore, inzuppato fino al midollo, senza incontrare anima viva, ma con grande soddisfazione per aver incontrato questi splendidi animali. Cerchiamo di conoscerli meglio.
Lo stambecco (Capra ibex) è un ungulato bovide diffuso su tutto l’arco alpino con popolazione numerosa. Nel corso del 1800 ha rischiato l’estinzione; la sua sopravvivenza è dovuta alla creazione nel 1836 della riserva di caccia del Gran Paradiso divenuta successivamente Parco Nazionale. Da qui nel XX secolo sono stati prelevati gli individui utilizzati per le reintroduzioni sulle Alpi che hanno portato ai risultati odierni (nel 2008 nella provincia di Bergamo più di 1000 stambecchi). Simile ad una capra, ha aspetto tozzo ma robusto. Raggiunge la lunghezza di circa 110-150 cm e l’altezza al garrese di circa 70-90 cm con un peso tra gli 80 e i 130 Kg, la femmina è più piccola, alta circa 80 cm con un peso di 60 Kg circa. Il mantello è bruno d’inverno, si schiarisce a primavera e dopo la muta estiva diviene grigio-marrone. Il maschio può vivere 14-16 anni mentre la femmina può superare i 20 anni. Entrambi hanno corna permanenti a forma d’arco incurvate all’indietro, con numerose protuberanze che aumentano con l’età; quelle del maschio sono lunghe circa 1 m, quelle della femmina 30-35 cm. Gli accoppiamenti avvengono nei mesi di dicembre e gennaio. I maschi adulti ritrovano il branco delle femmine, le quali dopo un periodo di gestazione che dura 160-170 giorni, partoriscono i piccoli a partire dall’inizio di giugno. I parti gemellari sono molto rari, spesso nasce un solo piccolo. Il neonato sta in piedi dopo pochi minuti ed è subito in grado di seguire la madre sulle pareti a strapiombo; si nutre del latte materno fino all’autunno, ma rimane con la madre fino ai 3 anni.
Lo stambecco è dotato di ottime capacità di arrampicatore, è adattato agli ambienti aridi e occupa aree non boscate, comprendenti pareti rocciose e praterie d’alta quota. Utilizza ambienti compresi tra i 1500 e i 2500 m durante l’inverno, mentre in estate si spinge tra i 2300 e i 3000 m. In inverno predilige i versanti esposti a sud- sud ovest dove la coltre nevosa è spesso meno profonda. In primavera, attraverso i boschi, può scendere fino a fondovalle per brucarvi la prima erbetta fresca.
Lo stambecco è un erbivoro che si nutre nelle ore più fresche del mattino e della sera, spesso a metà giornata si sdraia a ruminare. La sua dieta è composta in gran parte da graminacee, ma nel corso dell’inverno si nutre anche di funghi, licheni, rametti, foglie e cortecce di giovani conifere. Durante la bella stagione può consumare anche 10-15 Kg al giorno di vegetale, accumulando importanti riserve di grasso per l’inverno. Come gli altri ungulati è ghiotto di sale e sali minerali in genere che ricerca e lecca nelle rocce. In Italia è presente in tutte le regioni alpine, dal Piemonte al Friuli Venezia Giulia. In Lombardia le popolazioni più numerose si trovano in Valtellina, sulle Orobie, e sul versante lombardo del massiccio dell’Adamello.
Walter Ferrari - 339.7615179
29 ottobre 2014