La Mandragola una pianta Solanacea
Il suo nome deriva dal persiano e significa “erba-uomo”, a casua della forma biforcata delle sue radici, che ricordano vagamente la figura umana

11 ottobre 2017
Assurta agli onori della cronaca, abbiamo sentito parlare di mandragola nella nota vicenda degli avvelenamenti. Ma cos'è la mandragola? Innanzitutto è il nome volgare della Mandragora autumnalis, una pianta erbacea (quindi priva di fusto), perenne (vive più anni nel terreno), che produce simpatici fiorellini azzurri. Il suo nome deriva dal persiano e significa “erba-uomo”, a casua della forma biforcata delle sue radici, che ricordano vagamente la figura umana.
La mandragola associa il suo nome ad una cattiva fama che si trascina fin dal medioevo, periodo in cui veniva inclusa in pozioni magiche ed alchemiche: tutto a causa della sua velenosità, presente in ogni parte della pianta (foglie, fusto, e specialmente radici). Gli alcaloidi tossici che essa contiene interferiscono con l'azione dell'acetilcolina, la sostanza che mette “in collegamento” i neuroni, le cellule del tessuto nervoso, bloccandone i recettori, e causando danni a tutti gli organi innervati.
Ma essa non lo sa e continua a deliziarci con i suoi fiori azzurri (molto simili a quelli del Solanum jasminoides), da ammirare, ma da non cogliere! Non a caso, infatti, è una Solanacea, e come altre piante della stessa famiglia è ricca di principi attivi tossici : ricordiamo, fra le altre Atropa belladonna (belladonna), Solanum nigrum (erba morella) o la stessa Nicotiana tabacum (tabacco). Ma le solanacee ci regalano anche le patate (che diventano tossiche dopo la germogliazione, lo sapevate?), i peperoni, i pomodori, le melanzane. Responsabile di tutto ciò è la solanina, (da cui prende il nome la famiglia), un alcaloide tossico.
La forma delle foglie, con la tipica bollosità, può essere confusa con quella dello spinacio (Spinacia oleracea), che però è una Chenopodiacea, famiglia piuttosto distante dalle solanacee, alla quale appartiene la modaiola quinoa, lo pseudocereale tanto “fashion” (Chenopodium quinoa).
E i nostri studi adolescenziali ci riportano al grande Machiavelli, che le dedicò un titolo di una sua pruriginosa opera, appunto “la Mandragola”, in cui diventa la protagonista di una storia di amanti e tradimenti, per altro ancora molto attuale, nonostante siano passati più di cinquecento anni.
Ma, come dire, così come l'uomo non è cambiato, anche le nostre amiche piante le ritroviamo così come la natura le ha selezionate; ed in questo comprendiamo che i veleni in esse contenuti, non sono altro che delle forme elaborate di difesa da animali, insetti e malattie crittogamiche, stratagemmi di sopravvivenza in un mondo sempre più difficile.
Mario Pria
La mandragola associa il suo nome ad una cattiva fama che si trascina fin dal medioevo, periodo in cui veniva inclusa in pozioni magiche ed alchemiche: tutto a causa della sua velenosità, presente in ogni parte della pianta (foglie, fusto, e specialmente radici). Gli alcaloidi tossici che essa contiene interferiscono con l'azione dell'acetilcolina, la sostanza che mette “in collegamento” i neuroni, le cellule del tessuto nervoso, bloccandone i recettori, e causando danni a tutti gli organi innervati.
Ma essa non lo sa e continua a deliziarci con i suoi fiori azzurri (molto simili a quelli del Solanum jasminoides), da ammirare, ma da non cogliere! Non a caso, infatti, è una Solanacea, e come altre piante della stessa famiglia è ricca di principi attivi tossici : ricordiamo, fra le altre Atropa belladonna (belladonna), Solanum nigrum (erba morella) o la stessa Nicotiana tabacum (tabacco). Ma le solanacee ci regalano anche le patate (che diventano tossiche dopo la germogliazione, lo sapevate?), i peperoni, i pomodori, le melanzane. Responsabile di tutto ciò è la solanina, (da cui prende il nome la famiglia), un alcaloide tossico.
La forma delle foglie, con la tipica bollosità, può essere confusa con quella dello spinacio (Spinacia oleracea), che però è una Chenopodiacea, famiglia piuttosto distante dalle solanacee, alla quale appartiene la modaiola quinoa, lo pseudocereale tanto “fashion” (Chenopodium quinoa).
E i nostri studi adolescenziali ci riportano al grande Machiavelli, che le dedicò un titolo di una sua pruriginosa opera, appunto “la Mandragola”, in cui diventa la protagonista di una storia di amanti e tradimenti, per altro ancora molto attuale, nonostante siano passati più di cinquecento anni.
Ma, come dire, così come l'uomo non è cambiato, anche le nostre amiche piante le ritroviamo così come la natura le ha selezionate; ed in questo comprendiamo che i veleni in esse contenuti, non sono altro che delle forme elaborate di difesa da animali, insetti e malattie crittogamiche, stratagemmi di sopravvivenza in un mondo sempre più difficile.
Mario Pria

Mario Emanuele Pria
Presentazione del dr.agr. Mario Pria
Dopo la laurea in scienze agrarie ed alimentari, Mario Pria lavora per anni nel campo di produzioni e commercio di ortofrutta, poi crea un garden center di produzioni ornamentali e non, che si distingue per la ricerca e valorizzazione di varietà di fruttiferi antichi, ed un'impresa di progettazione e creazione di aree verdi ed impianti di irrigazione, che ora presegue come servizi Emmepi. Esercita la professione di agronomo in qualità di medico delle piante, consulente verde, nella progettazione, realizzazione e manutenzione di spazi verdi.
dr.agr. Mario Pria – EMMEPI - 335 6032955 [email protected] www.emmepi.it
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11 ottobre 2017