Dopo un uso massivo e propagandistico, ora i pentastellati mettono in guardia dai social, un ritorno ai giovani: tardivo ma necessario
Non si può dimenticare che proprio durante i due governi Conte (2018–2021), guidati dal M5S, i giovani sono stati spesso ignorati nei tavoli decisionali, e addirittura penalizzati da provvedimenti che hanno avuto effetti profondi sul piano educativo e sociale

Un tema importante e necessario, quello del disagio giovanile, che vale la pena trattare al di là delle strumentalizzazioni politiche di turno. Interrogarsi e cercare soluzioni è un dovere di tutti gli adulti. L’iniziativa del M5S di sabato a Peschiera Borromeo prometteva di trattare questo tema, ben vengano queste iniziative. Purtroppo, non c’è stato un minimo di autocritica sugli errori recenti, e questa diventa una questione di credibilità politica.
Dopo anni di silenzi, chiusure e retorica, il Movimento 5 Stelle, con questa iniziativa, senza grande successo almeno a Peschiera Borromeo, prova a riaprire un dialogo con i giovani. Un’inversione di rotta necessaria, ma che arriva dopo una stagione di luci e ombre, in cui le promesse spesso non sono state mantenute e le priorità sono apparse altre. Tuttavia, non si può dimenticare che proprio durante i due governi Conte (2018–2021), guidati dal M5S, i giovani sono stati spesso ignorati nei tavoli decisionali, e addirittura penalizzati da provvedimenti che hanno avuto effetti profondi sul piano educativo e sociale.
Durante la pandemia, il Governo Conte II ha imposto misure estremamente restrittive per adolescenti e studenti, con scuole superiori e università chiuse per oltre un anno, anche in fasi in cui i dati sanitari non lo giustificavano più. La didattica a distanza ha accentuato il divario digitale e sociale, privando molti ragazzi di spazi educativi, relazionali e sportivi fondamentali. Mancò un vero piano di recupero educativo e psicologico post-lockdown, e le esigenze giovanili rimasero fuori dai comitati scientifici e dalle priorità politiche.
Le politiche giovanili tra promesse, reddito di cittadinanza e precarietà
Il Reddito di cittadinanza, fortemente voluto dal M5S, ha coinvolto molti giovani disoccupati, ma non è riuscito a trasformarsi in un’opportunità di reale inserimento lavorativo. I navigator e le politiche attive si sono rivelate deboli e spesso inefficaci, lasciando intere fasce di giovani nell’assistenzialismo.
Le promesse di riforma della scuola e di digitalizzazione si sono risolte spesso in annunci e progetti pilota, mentre problemi strutturali come il precariato, l’emigrazione giovanile e la scarsa rappresentanza politica dei giovani sono rimasti irrisolti.
Fuga di cervelli: un'emorragia silenziosa sotto i governi Conte
Durante i governi Conte I e II, l'Italia ha assistito a un'intensificazione del fenomeno della "fuga di cervelli", con un numero crescente di giovani laureati che hanno scelto di emigrare all'estero in cerca di migliori opportunità professionali e condizioni di vita. Secondo i dati Istat, tra il 2013 e il 2022, circa 132.000 giovani italiani tra i 25 e i 34 anni hanno lasciato il Paese, con un saldo netto negativo di oltre 87.000 unità. Le destinazioni più comuni sono state il Regno Unito, la Germania, la Svizzera e la Francia. Questo esodo ha rappresentato una significativa perdita di capitale umano per l'Italia, con conseguenze economiche e sociali rilevanti.
Le cause principali di questa emigrazione qualificata includono la mancanza di opportunità lavorative adeguate, la precarietà del mercato del lavoro, salari non competitivi e una percezione di scarsa meritocrazia. Nonostante l'attenzione mediatica e politica al fenomeno, durante i governi Conte non sono state implementate politiche efficaci per contrastare questa tendenza. Al contrario, misure come il Reddito di cittadinanza, pur offrendo un sostegno economico temporaneo, non hanno affrontato le radici del problema, come la creazione di posti di lavoro qualificati e l'investimento in ricerca e sviluppo. Inoltre, durante la pandemia, le restrizioni prolungate e la chiusura delle istituzioni educative hanno ulteriormente spinto molti giovani a cercare opportunità all'estero.
In sintesi, sotto i governi Conte, l'Italia ha visto intensificarsi la fuga di cervelli, senza adottare misure strutturali per invertire questa tendenza, con il rischio di compromettere il futuro economico e sociale del Paese.
Superbonus 110%. Con parte di quei soldi le politiche giovanili sarebbero state incisive più incisive
Tra i paradossi più evidenti della stagione politica targata Movimento 5 Stelle c’è sicuramente la gestione delle priorità economiche. Basti pensare ai 165 miliardi di euro assorbiti dal Superbonus 110%, misura bandiera del M5S, che seppur pensata per rilanciare l’edilizia e migliorare l’efficienza energetica, ha generato distorsioni, sprechi e un forte impatto sul debito pubblico, senza alcuna redistribuzione strutturale a favore dei giovani. In quegli anni di governo, le politiche giovanili sono rimaste sullo sfondo, ignorate o affrontate con interventi episodici e poco incisivi. Nessuno – tra i promotori di quel provvedimento – propose, ad esempio, di destinare anche solo una minima parte di quelle enormi risorse a progetti di aggregazione, formazione, imprenditorialità giovanile, sport, spazi culturali o supporto psicologico. Oggi, gli stessi protagonisti tornano a parlare di giovani, scuole, disagio e salute mentale, ma lo fanno dopo aver mancato l’opportunità storica di investire realmente su una generazione che invece avrebbe avuto bisogno di attenzione e visione.
L’uso dei social tra propaganda e realtà
Nel periodo 2018–2023, il Movimento 5 Stelle ha usato i social per costruire consenso, più che per ascoltare. Una comunicazione emozionale, spesso personalistica e polarizzante, ha messo in secondo piano la progettualità politica. Durante la pandemia, il divario tra storytelling online e vissuto reale è diventato evidente, minando la credibilità delle istituzioni presso molti giovani.
L’auspicio è che
questo nuovo percorso sia finalmente strutturale, partecipato e soprattutto
coerente con le reali esigenze delle nuove generazioni. Meno populismo e più serietà, quest aè la ricetta per far tornare i giovani a votare e a interessarsi del proprio futuro, magari a casa propria.
Giulio Carnevale