In Giappone il coronavirus è scomparso, secondo un team di ricercatori, l'agente patogeno si è "autodistrutto" a causa di una mutazione fatale
Gli alti livelli di vaccinazione e la disciplina sono solitamente citati come i principali fattori che hanno invertito la tendenza. Il tasso di mortalità è sceso a zero. Tre mesi fa, i contagi giornalieri isi attestavano a 26.000 unità, mentre oggi sono meno di 200.

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29 novembre 2021
In Giappone, secondo un team di ricercatori, l'agente patogeno si è
"autodistrutto" a causa di una mutazione fatale. Come riporta l’agenzia
di stampa Sputnik che ha esplorato le possibili cause di questo
"miracolo giapponese", che Giovanni D'Agata presidente dello “Sportello dei Diritti” rilancia per la fondatezza dell’analisi, «la
quinta e più grave ondata della pandemia, causata dall’altamente
contagiosa variante delta, si è improvvisamente conclusa. Tre mesi fa,
al picco della distribuzione della variante Delta, i contagi giornalieri
in Giappone si attestavano a 26.000 unità, mentre oggi sono meno di
200. Il tasso di mortalità è sceso a zero. Gli alti livelli di
vaccinazione e la disciplina sono solitamente citati come i principali
fattori che hanno invertito la tendenza. Tuttavia, l'Istituto Nazionale
di Genetica e l'Università di Niigata, guidato dal professor Itsuro
Inoue, crede che sia tutta una questione di variazione genetica nel
coronavirus. Analizzando le diverse varianti di SARS-CoV-2, gli
scienziati hanno stabilito che la versione Alfa, che ha dominato la
quarta ondata di COVID-19 in Giappone da marzo a giugno, era
geneticamente molto diversa: infatti, era composta da 5 gruppi
principali, con molte mutazioni ramificate. I ricercatori hanno
ipotizzato che la delta, più contagiosa e aggressiva, sarebbe stata
ancor più varia. Ma, stranamente, i ricercatori hanno appurato l’esatto
contrario: all'inizio, le mutazioni si accumulavano rapidamente e poi
improvvisamente si fermavano».Gran parte delle mutazioni si è verificata
nel sito A394V della proteina non strutturale nsp14, responsabile della
correzione degli errori che si verificano durante la replicazione.
Secondo i ricercatori, a un certo punto il virus, cercando di correggere
gli errori, ha semplicemente perso la sua capacità di replicarsi. «Siamo rimasti scioccati», ha ammesso il professor Inoue in
un'intervista al Japan Times. “Sembra che con l'accumularsi delle
mutazioni, il virus sia diventato difettoso e abbia perso la sua
capacità di replicarsi». Il fatto che la proteina nsp14 sia estremamente
importante nella protezione degli acidi nucleici è stato sottolineato
anche dal professor Takeshi Urano della Shimane University School of
Medicine. «Nsp14 interagisce con altre proteine virali», ha osservato lo
scienziato. «Gli studi hanno dimostrato che un virus con nsp14
danneggiata presenta performance di replicazione significativamente
peggiori. Questo può essere uno dei fattori della rapida riduzione
dell'incidenza della malattia». È avvenuto lo stesso anche in passato.
Nel 2003, per esempio, è improvvisamente scomparsa l'epidemia di
sindrome respiratoria acuta grave (SARS). Gli esperimenti di laboratorio
hanno confermato che le mutazioni nella proteina nsp14 hanno fermato la
replicazione del virus. In Giappone, tutte le restrizioni sono state
eliminate, ma l'incidenza della malattia non è aumentata.Il professor
Inoue crede che in questo caso siano diversi i fattori ad aver inciso.
In primo luogo, la vaccinazione di massa (più del 75% della popolazione
era completamente vaccinata) e la profilassi rigorosa. In secondo luogo,
il Giappone è stato fortunato, in quanto la Delta aveva già sostituito
tutte le altre varianti alla fine di agosto. L'evoluzione del virus è
stata limitata a un solo ceppo, che alla fine è degenerato. Questo è il
motivo per cui la Russia, dominata dalla Delta, ha migliori possibilità
di ripetere il "miracolo giapponese", rispetto all'India o
all'Indonesia, dove invece dominano Alfa e Delta, a parità di adozione
delle necessarie misure vaccinali. C'è però un altro elemento da
considerare. Sempre gli scienziati dell'Istituto Nazionale di Genetica e
dell'Università di Niigata hanno appurato che gli asiatici presentano
un enzima protettivo, APOBEC3A, che attacca i virus RNA, compreso il
SARS-CoV-2. Gli europei e gli africani, invece, non ce l'hanno. Quanto
questo sia significativo e come APOBEC3A interagisca con la proteina
nsp14 non è ancora completamente chiaro, poiché lo studio non è ancora
stato completato. E comunque, almeno in Corea del Sud, Paese
geneticamente vicino al Giappone, la pandemia continua. E il professor
Testuo Fukawa, del Future Social Welfare Institute di Tokyo, ritiene che
la situazione del COVID-19 sia aggravata dall’obesità. In Giappone,
solo il 3,6% della popolazione è obesa, uno dei tassi più bassi del
mondo.«E il nostro tasso di mortalità è davvero basso», ha detto Fukawa
alla BBC. «L'obesità è un fattore di rischio per COVID-19, ma comunque
non il più importante».
Temporaneo o perenne? Tuttavia, è troppo presto
per celebrare la vittoria sul virus, anche su scala nazionale. "Stiamo
facendo bene finora, perché in Giappone c’era la Delta. Altre varianti
si stavano avvicinando, ma Delta le ha trattenute. Ora si è aperta la
strada a nuovi ceppi. «I vaccini da soli non risolveranno il problema.
Abbiamo bisogno di controlli sull’immigrazione, perché non sappiamo cosa
può arrivare da altri paesi», sottolinea Itsuro Inoue. Gli scienziati
invitano a rimanere vigili e a prepararsi per la prossima ondata. E
soprattutto, a continuare la vaccinazione.
Emanuele Grassini
29 novembre 2021