Giorno del Ricordo, la violenza non è né di destra, né di sinistra, bisogna avere il coraggio di condannarla e partecipare alle ricorrenze

L’opinione di Moreno Mazzola: «Nella percezione di alcuni queste azioni esecrabili si colocano in una logica di appartenenza destra-sinistra. Il 25 Aprile e il 27 gennaio sono delle ricorrenze della sinistra mentre il 10 febbraio è una ricorrenza della destra»

“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”, cit. Primo Levi

Si commemora in questi giorni in tutto il Paese il Giorno del Ricordo, istituito con la legge n. 92 del 30 marzo 2004 con l'obiettivo di conservare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel dopoguerra e della complessa vicenda del confine orientale. Nella percezione comune si collocano queste azioni esecrabili in una logica di appartenenza destra-sinistra. Il 25 Aprile e il 27 gennaio sono delle ricorrenze della sinistra mentre il 10 febbraio è una ricorrenza della destra, cercare di posizionare politicamente la violenza non è utile e non è giusto. Quando vengono commesse dei crimini, quando c’è la prevaricazione di qualcuno contro altri o qualcosa, quando la violenza diventa l’elemento caratterizzante delle azioni, bisogna avere il coraggio di condannarle e di partecipare alle ricorrenze. La violenza non è né di destra, né di sinistra è solo violenza. A questo proposito vogliamo riportare quello che disse nel 2021 il Presidente della Repubblica Mattarella: «Il Giorno del Ricordo richiama la Repubblica al raccoglimento e alla solidarietà con i familiari e i discendenti di quanti vennero uccisi con crudeltà e gettati nelle foibe, degli italiani strappati alle loro case e costretti all'esodo, di tutti coloro che al confine orientale dovettero pagare i costi umani più alti agli orrori della seconda guerra mondiale e al suo prolungamento nella persecuzione, nel nazionalismo violento, nel totalitarismo oppressivo. Conservare e rinnovare la memoria di quella tragedia è un impegno di civiltà e il ricordo, anche il più doloroso, anche quello che trae origine dal male, può diventare seme di pace e di crescita civile».  Ma come mai si è scelto proprio il 10 febbraio per la commemorazione di queste vittime? È stata prescelta questa data perché il 10 febbraio del 1947 furono firmati i trattati di Parigi che assegnavano alla Jugoslavia, il Quarnaro, la città di Zara con la sua provincia e la maggioranza della Venezia Giulia che in precedenza facevano parte dell’Italia. Con il ritorno di questi territori alla Jugoslavia, ebbe inizio una rappresaglia feroce che colpì molti cittadini italiani innocenti, ritenuti implicitamente colpevoli di aver vissuto sotto il regime fascista. Fino a configurare quella che oggi gli storici descrivono come una vera e propria pulizia etnica: prigionia, campi di lavoro forzato e morte nelle foibe. I numeri sono impressionanti infatti si valuta che trovarono la morte nelle foibe fra le 9.000 e le 10.000 persone, secondo una stima ancora approssimativa. Molti riuscirono a fuggire: un esodo di massa che coinvolse tra le 250mila e 350mila persone tra il 1945 e il 1956. Con l’adesione della Croazia alla Comunità Europea molti dei fuggitivi o dei loro famigliari potranno tornare a visitare le loro terre di origine alla ricerca dei luoghi nativi.

“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”
Primo Levi

Moreno Mazzola